The Second Version

08/08/07

Difendere le Decisioni - 1

Com'è pressochè inevitabile, la discussione degli aspetti materiali e tecnici dell'11 Settembre finisce per intrecciarsi con discussioni sulla politica americana passata e presente, ed i risultati sono spesso spiacevoli a vedersi. In questo caso la miccia è stata accesa da un lettore che si può collocare generalmente nell'area di destra*, ma le risposte più o meno sprezzanti non hanno tardato ad arrivare. Cioè, pesanti critiche alla politica americana recente ed al Presidente degli USA George W. Bush.

Queste critiche, per quanto legittime, sono spesso basate su argomenti che, visti da una diversa direzione rispetto a quella prevalente in Europa e nei circoli "liberal" (e con questo non voglio dire che Paolo Attivissimo ne sia un membro registrato, ma soltanto che alcune sue affermazioni sono pressochè identiche), appaiono ben poco solidi.

Quindi ho deciso di scrivere questo articolo in difesa delle decisioni di politica estera americana, e di conseguenza - ma anche per intenzione - in difesa di George W. Bush come uomo. Alcune affermazioni di questo pezzo potranno sembrare arbitrarie, ma siccome non posso riepilogare la genesi del mio pensiero ogni volta, vi invito a consultare il materiale che ho scritto in passato per colmare le lacune.

Bush, sfortunatamente per lui, ha finito per avere tutti i tratti che risultano odiosi nei circoli liberal, della euro-sinistra e tranzisti. Americano ed attirittura texano, nazionalista senza la minima traccia di senso di colpa per questo; cristiano "rinato" dopo una gioventù abbastanza dissoluta; rancher e membro di una famiglia di affaristi e petrolieri; poco articolato ed abituato a parlare in modo semplice - quasi rozzo - e diretto... se ci pensate, un uomo del genere è la nemesi quasi perfetta di quello che chiamo lo Homo novo europaeus: sessualmente ambiguo, edonista, cittadino del mondo, socialista, spiritualista (più che strettamente ateo), ambientalista, pacifista, politicamente corretto ed intellettuale.

Non stupisce quindi che George Bush abbia attirato su di sè un particolare livello di odio rabbioso, anche se prima del 9/11 la sua "colpa" più grossa è stata quella di vincere un'elezione controversa - anche se un'analisi distaccata degli eventi dimostra che gran parte della controversia è stata montata ad arte.

Ma poi è arrivato l'11 Settembre, ed ha scompigliato tutte le carte in tavola. E' facile sostenere a posteriori che le diverse agenzie di intelligence e sicurezza avrebbero dovuto trovare i collegamenti e prevenire l'attacco, ma questo richiede l'ignorare che la maggior parte del lavoro di intelligence consta nello scartare dati ed informazioni che al momento appaiono inutili ed insignificanti - con l'obbiettivo di costruire un quadro d'insieme da informazioni frammentarie e di dubbia affidabilità. Fallimenti ovvi a posteriori sono più o meno una costante nel ramo - una similitudine calzante è quella di un enorme mucchio di pezzi di puzzle: non sappiamo quanti e quali puzzle siano mescolati, e nemmeno sappiamo quali disegni debba emergere alla fine.

D'altra parte, in un'America già ossessionata dal politicamente corretto, arrestare 19 arabi mussulmani senza un motivo che potesse apparire estremamente urgente e serio all'opinione pubblica avrebbe significato correre un rischio politico enorme.

In quei giorni di settembre penso che Bush abbia capito quello che dovrebbe essere chiaro: lo Undici Settembre non è stato un atto isolato, e nemmeno una reazione all'oppressione. Invece, è stato il momento culminante (finora) di un'ideologia/religione implacabilmente ostile in primis all'America in quanto incarnazione della civiltà occidentale, e poi a tutto ciò che devia da una stretta ortodossia. E come se non bastasse questa ideologi è pure fortemente espansionista, ed ha come fine ultimo ed utopico la conquista dell'intero mondo.

Una reazione era necessaria, ma George Bush ha anche concluso che una semplice rappresaglia ed il trattare la questione come una di ordine pubblico (cioè, catturare e processare Bin Laden) non sarebbero bastate. Per ottenere un successo a lungo termine era necessario affrontare direttamente l'ideologia nemica e colpirla alla radice.

L'aspetto di rappresaglia e giustizia (per quanto poc questo termine importi nelle relazioni internazionali) è stato svolto con la missione in Afghanistan per combattere direttamente un regime alleato (qualcuno dice anche succube) dei principali ideologi della jihad moderna.

Ma la lotta ideologica aveva bisogno di altro, ed ecco che entra in gioco la Dottrina Bush (ed anche neo-conservativa): l'antidoto all'ideologia islamista è più libertà, più prosperità economica, più governo popolare. E già da questo momento, ecco un primo grave errore di comunicazione: l'amministrazione Bush ha enfatizzato l'aspetto democratizzatore della dottrina, invece che quello liberalizzatore.

* Penso che questo lettore abbia sbagliato luogo e tempo per i suoi interventi.

Pausa caffè e fine prima parte.

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