The Second Version

20/04/09

Decisioni in Tempo di Crisi

Del senno di poi, son piene le fosse.
Detto popolare

No, questo articolo non parla della crisi economica, e nemmeno esclusivamente del terremoto in Abruzzo. Parla invece della differenza fra il prendere decisioni in momenti di crisi, ed il senno di poi.

L'analisi post-facto è un esercizio relativamente facile. Quando si possono comodamente studiare i fatti, le azioni intraprese ed i loro risultati, scoprire gli errori commessi ed individuare le carenze organizzative e gestionali diventa un'attività che chiunque abbia capacità intellettuali nella media può praticare con successo.

Il vero problema che assilla da secoli comandanti militari, politici, dirigenti d'azienda (o di fattorie), soccorritori e su scala più piccola anche le persone comuni, è quello di prendere le decisioni corrette durante una crisi.

In questi frangenti non si può fare altro che affidarsi ad informazioni incomplete, spesso in conflitto se non contraddittorie, e di dubbia affidabilità. La situazione sul terreno muta in continuazione, e spesso i canali di comunicazione non sono sufficienti a portare tutti gli ordini e direttive ed a permettere un veloce ciclo di retroazione (ovvero, sapere cosa sta succedendo per sapere se le decisioni prese sono giuste o no). Nemmeno il piano migliore sopravvive intatto all'incontro con la realtà, questa è un'altra massima da tenere a mente.

Le risorse, almeno in un certo intervallo di tempo, sono limitate ed insufficienti a coprire tutte le richieste (che nemmeno si conoscono a causa dei problemi descritti sopra) ed è necessario razionarle. Se si tenta di soddisfare comunque tutte le richieste con risorse insufficienti, si rischia di non riuscire a soddisfarne alcuna. A volte invece si hanno colli di bottiglia che frenano il flusso delle risorse, non importa quante siano disponibili.

Tutte le decisioni hanno conseguenze; alcune delle quali volute ed attese, ma altre inaspettate. Talvolta, le conseguenze inaspettate sono le più importanti.

Nessuna decisione può accontentare tutti, e per un motivo o per l'altro qualcuno rimarrà deluso (vedi il punto sul razionamento delle risorse).

Tutte le decisioni hanno un costo - non solo in mero senso monetario, che comunque non si può ignorare; ma anche come consumo di risorse, mobilitazione di mezzi ed uomini, interruzione delle normali attività - e probabilmente i delusi chiederanno a gran voce che si giustifichi il conto.

E le critiche più feroci a chi ha dovuto prendere decisioni difficili in un momento di crisi quasi sempre vengono dall'esterno, da chi non ha dovuto fare alcuno sforzo nè prendere decisioni - perchè se l'avessero fatto saprebbero quanto sia difficoltoso.

Analizzare le decisioni prese rimane comunque doveroso, ma non deve essere inteso come una caccia al colpevole, bensì come un mezzo per scoprire le cause dei malfunzionamenti del sistema e rimuoverle.

Però i luoghi adatti per questa analisi non sono certo quelli del giornalismo drogato di denuncia, ma quelli di persone e/o organismi designati allo scopo1.

Per finire, una nota più espressamente politica. Checchè ne dica Giuliani, il terremoto del 6 Aprile si è auto-annunciato con fragore. Quindi la bontà o meno del suo metodo è un falso problema. La polemica gira intorno al fatto che fino all'ultimo le autorità hanno rassicurato la popolazione - poi è diventato ovvio che si erano sbagliate. Ma a me non risulta che lo stato abbia usato la sua forza per costringere le persone a stare in casa, o che le forze dell'ordine abbiano ricacciato nelle loro abitazioni quelle persone che avevano deciso di restarne fuori quella notte per paura - giustificata - di altre scosse. Quindi lo stato ha fornito poche informazioni, ma non ha violato il diritto dei cittadini di agire in risposta alle scosse di terremoto 2. Che è già qualcosa... oppure siamo tanto dipendenti dallo stato ormai che possiamo preoccuparci solo se e quando le autorità ci dicono di farlo?


(1) Nei film e qualche libro sono giovani, coraggiosi ed attraenti giornalisti/e di denuncia che scoprono le cause dei disastri. Nella realtà si tratta più che altro di ingegneri di mezza età con occhiali e pancetta - quando non venerabili professori emeriti.

(2) La differenza principale è che un ordine di evacuazione o di allerta farà chiudere le scuole ed i luoghi di lavoro e scattare tutta una serie di misure. Naturalmente l'evacuazione spontanea delle case non può farlo.

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